(New York, 9 Dicembre 2010) - Le autorità egiziane dovrebbero salvare i migranti tenuti in ostaggio e maltrattati dai trafficanti nel deserto del Sinai, ha affermato oggi Human Rights Watch. Il governo, ha inoltre dichiarato Human Rights Watch, non ha perseguito i trafficanti nè ha chiuso i siti di detenzione.
Secondo alcuni resoconti dei media, tra fine novembre e inzio dicembre 2010, i trafficanti hanno ucciso, con armi da fuoco o picchiandoli a morte, almeno sei cittadini eritrei che erano tra centinaia di richiedenti asilo e migranti trattenuti, dalla fine di ottobre, in un sito presso il confine con Israele. Due migranti tenuti in ostaggio hanno confemato ad Human Rights Watch che i trafficanti trattengono, in circa dieci stanza sotterranee, 105 cittadini eritrei, comprese nove donne, a scopo d'estorsione.
"Le autorità egiziane affermano, con frequenza, di usare la mano pesante contro il crimine organizzato in Sinai" ha detto Joe Stork, vicedirettore per il Medio oriente ad Human Rights Watch. "Ma il governo è lento nel reagire mentre i trafficanti tengono in ostaggio centinaia di migranti".
Rispondendo a quanto riportato dai media, l'8 dicembre le forze dell'ordine hanno riferito al quotidiano egizio Al-Shurouq che la polizia stava interrogando degli individui connessi a trafficanti in Sinai che potrebbero tenere in prigionia fino a 300 eritrei.
Una rete di traffico di migranti sub-sahariani, di dimensioni ragguardevoli, è stata operativa nel Sinai almeno dal 2007. In aggiunta ai trafficanti che guidano i migranti, illegalmente, attraverso i confini in cambio di denaro, ma che non li sfruttano o maltrattano, sono attivi in Sinai anche trafficanti che usano violenza sui migranti sotto il loro controllo e li tengono in ostaggio a scopo d'estorsione.
Per tutto il 2010, Human Rights Watch ha ottenuto numerosi rapporti attendibili - tra cui testimonianze dettagliate rilasciate da eritrei catturati da Israele vicino al confine con l'Egitto lungo il Sinai- di una rete di traffico ben radicata. Con regolarità, i trafficanti tengono in ostaggio centinaia di richiedenti asilo e migranti, compresi bambini, prevalentemente eritrei e di altri Paesi sub-sahariani, in diverse località per settimane o mesi fino a che i loro parenti all'estero pagano migliaia di dollari per assicurare il loro rilascio.
In trenta testimonianze che Human Rights Watch ha preso in esame, i migranti hanno descritto come i trafficanti incatenavano per le gambe tre o quattro uomini o donne alla volta, in alcuni casi fino a quattro mesi. Dozzine di donne migranti hanno riferito al personale medico in Israele di essere state stuprate ripetutamente dai trafficanti, e che sia gli uomini che le donne venivano ustionati con barre di ferro roventi, frustati con cavi elettrci, picchiati e forzati a lavorare per i trafficanti mentre erano in attesa o addirittura dopo il pagamento del riscatto.
I 240 chilometri di confine con Israele lungo il Sinai costituiscono una zona militare alla quale l'Egitto proibisce l'entrata non autorizzata. Le forze di sicurezza di frontiera d'Egitto hanno arrestato migliaia di richiedenti asilo e migranti in anni recenti e processato molti di loro di fronte a tribunali militari.
Fonti della sicurezza hanno riferito alla Reuters che, durante i più recenti arresti di massa lo scorso 8 dicembre, la polizia ha fermato 83 tra richiedenti asilo e migranti - 63 etiopi e venti eritrei - a dieci chilometri dalla città di Suez. Le autorità egizie non permettono all'Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur) di incontrare richiedenti asilo e migranti arrestati in Sinai e non si sforzano di identificare potenziali vittime di traffico tra di loro.
Dal luglio del 2007, le guardie di frontiera egizie hanno anche fatto fuoco e ucciso almeno 85 individui mentre tentavano di passare in Israele - 28 dall'inizio del 2010, compresi alcuni che pare avessero fatto richiesta d'asilo. La stragrande maggioranza è stata uccisa al confine in circostanze in cui i trafficanti non erano presenti. Human Rights Watch non è a conoscenza di alcuna indagine, da parte del governo egizio, su questi episodi.
"Le autorità non possono giustificare sparatorie sui migranti sulla base del fatto che stanno tentando di bloccare i trafficanti" ha detto Stork. "Le forze dell'ordine possono solo usare la forza letale quando ciò sia assolutamente necessario per proteggere delle vite".
Numerosi migranti hanno riportato che i trafficanti chiedono loro tra i 2500 e i 3000 dollari per guidarli verso il confine con Israele. Ma una volta che questi migranti sono arrivati in Sinai, si sono ritrovati nelle mani dei trafficanti che li hanno incatenati pretendendo altri soldi - dai 500 ai diecimila dollari. Hanno minacciato di uccidere o di fare loro del male in altro modo - in numerosi casi, di rimuovere e vendere i loro reni per un largo mercato illegale in Egitto - qualora non avessero pagato. In dozzine di casi, richiedenti asilo e migranti hanno riferito che, per costringere i parenti ad effettuare i pagamenti, i trafficanti facevano loro chiamare a casa con un cellulare per poi sparare in aria o usargli violenza fisica così che i parenti sentissero le loro grida.
Alcuni migranti hanno detto che una volta che i loro parenti avevano pagato i soldi in più, i trafficanti li consegnavano ad altri trafficanti che pretendevano altri soldi. In altri casi, richiedenti asilo eritrei hanno detto di essere stati rapiti in Sudan, portati in Sinai contro la propria volontà, e poi obbligati a chiamare i propri parenti per esigere il denaro in cambio del loro rilascio.
Organizzazioni locali ed internazionali, che lavorano con rifugiati e migranti in Israele, hanno intervistato dozzine di donne che hanno affermato di essere state stuprate dai trafficanti. Alcune donne hanno detto di essere state violentate ripetutamente, spesso da più uomini, compresi degli eritrei, obbligati a lavorare con i trafficanti, spesso sotto minaccia d'arma da fuoco e in alcuni casi a più riprese per giorni o settimane. Alcune volte le donne venivano stuprate in prossimità di dove gli altri migranti erano tenuti in ostaggio; in altri casi i trafficanti portavano in macchina le donne in zone isolate.
Medici di Rights-Israel hanno detto ad Human Rights Watch che, nei primi undici mesi del 2010, circa 80 aborti sono stati praticati su donne richiedenti asilo e migranti le quali, secondo il gruppo, erano state violentate sul Sinai. Ha anche affermato che dei 1303 esami ginecologici condotti nello stesso periodo, una "ampia percentuale" dei casi era frutto di traumi vissuti nel Sinai.
Richiedenti asilo e migranti hanno raccontato che i trafficanti facevano loro violenza bruciandoli con ferri roventi, usando scariche elettriche, colpendoli con "fruste metalliche" o cavi elettrici sulla schiena, sui piedi, sulla testa, o sull'intero corpo nudo, e colpendoli sulle suole dei piedi con "oggetti di plastica" e il resto del corpo con bastoni. Alcuni hanno detto di essere stati maltrattati con uno o più di questi metodi ogni due o tre giorni, a volte per mesi. Una donna ha detto di aver visto il marito morire per ustioni, dopodichè i trafficanti l'hanno violentata.
Human Rights Watch non ha avuto modo di identificare le località o le strutture nelle quali i trafficanti tengono i migranti. In delle testimonianze esaminate da Human Rights Watch, alcuni migranti hanno riferito di essere stati tenuti in stanze o edifici con altri migranti. Un servizio sul giornale israeliano Haaretz ha descritto una situazione in cui dai 50 ai 70 migranti venivano tenuti in "contenitori di metallo", all'interno dei quali alcuni sono morti per disidratazione ed un bambino si è bruciato le mani toccando le pareti roventi. Alcuni migranti affermano di essere stati tenuti in "contenitori costruiti all'uopo" o "celle sotterranee".
Cinque migranti hanno raccontato di essere stati obbligati a orinare in delle bottiglie che poi i trafficanti hanno versato loro in testa. Quasi tutti riferiscono di essersi potuti lavare solo una volta o due durante l'intera prigionia. Hanno poi riportato che i trafficanti davano loro pochissimo cibo, che andava da due pezzi di pane al giorno a del porridge ogni tre o quattro giorni. I migranti raccontano che gli veniva data da bere, talora solo una volta al giorno, solo "acqua salata" o che l'acqua conteneva dei residui di carburante presenti nei fusti in cui era contenuta.
Essi hanno riferito che i trafficanti li obbligavano a fare lavori manuali dalle otto alle dodici ore al giorno - prevalentemente per costruire edifici - per periodi che andavano dai dieci giorni a diversi mesi. Alcuni hanno detto di essere stati forzati a lavorare per settimane, persino dopo che i loro parenti avevano pagato il riscatto. Alcuni uomini hanno detto di essere stati obbligati a lavorare di notte perchè i trafficanti non volevano che la polizia o l'esercito li vedesse. Le donne, comprese quelle che erano state stuprate, hanno detto di essere state obbligate a preparare pasti e fare pulizie per i trafficanti. Sia gli uomini che le donne hanno detto che i trafficanti parlavano di loro come "schiavi".
Il Protocollo per Prevenire, Sopprimere e Punire il Traffico di Persone, Specialmente Donne e Bambini, che l'Egitto ha ratificato nel 2004, definisce il traffico come il reclutamento, trasporto, trasferimento, asilo o ricezione di persone attraverso "la minaccia o l'uso della forza, o altre forme di coercizione (...) o attraverso l'offerta o l'accettazione di pagamenti o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha l'autorità su di un'altra a fini di sfruttamento". Human Rights Watch ha affermato che le persone nel Sinai che controllano questi migranti attraverso la forza, le minacce e l'assogettazione a lavoro forzato, stupro, ed estorsione di denaro corrispondono alla definizione di trafficanti e dovrebbero essere assicurati alla giustizia.
Il diritto internazionale distingue tra traffickers, che fanno ricorso alle minacce o alla forza per lo sfruttamento di altri, dagli smugglers, che conducono individui attraverso dei confini, illegalmente, ma senza coercizione.
Secondo l'Acnur, circa l'85 per cento dei migranti che entrano in Israele attraverso il deserto del Sinai sono stati, negli ultimi mesi, cittadini eritrei in fuga da uno stato estremamente repressivo. La maggior parte degli Eritrei, stando a quanto viene riportato, cominciano il loro viaggio verso Israele in campi profughi vicino alla città di Kassala in Sudan e viaggiano in direzione nord - a volte via nave da Port Sudan, a volte via terra - verso il Sinai, senza passare attraverso il Cairo, capitale d'Egitto. Fonti attendibili hanno riferito ad Human Rights Watch che alcuni dei migranti muoiono, sul retro di veicoli chiusi, per mancanza d'acqua o d'ossigeno, e che essi vengono semplicemente buttati fuori.
Il secondo gruppo più numeroso ad entrare in Israele è costituito da cittadini sudanesi provenienti dal Darfur, seguito da gruppi più ristretti di etiopi ed altri africani. Secondo le cifre del governo israeliano, vi sono circa 35000 richiedenti asilo e migranti in Israele, di cui, tra agosto ed ottobre 2010, sono entrati circa 1100 al mese. Funzionari israeliani spesso si riferiscono a loro come gli "inflitrati".
Israele prende in esame pochissime richieste individuali d'asilo politico, ma concede "protezione temporanea" ai cittadini eritrei e sudanesi, che li mette al riparo da deportazione verso i loro Paesi d'origine. Il ministro dell'Interno israeliano ha recentemente annunciato che avrebbe revocato i permessi di lavoro di quanti godono di protezione temporanea.
Il governo israeliano continua anche ad attuare una politica di rinvio con la forza in Egitto di alcuni migranti che entrano in Israele dal confine lungo il Sinai senza dare loro un'opportunità concreta di presentare richiesta d'asilo, una pratica che Israele definisce "rinvio bollente". La Corte Suprema d'Israele, nel 2007, ha preso atto per la prima volta delle petizioni, promosse dai gruppi israeliani per la difesa dei diritti, contro la procedura del "rinvio bollente", ma non si è ancora pronunciata sulla sua legalità. Il diritto internazionale dei rifugiati e dei diritti umani proibisce il refoulment, il rinvio con la forza di rifugiati verso la persecuzione o situazioni che minacciano la loro vita o libertà, e di chiunque sia rinviato verso circostanze in cui potrebbe essere torturato.
Le autorità egizie, con regolarità, fanno riferimento alle attività del crimine organizzato in Sinai, che interessano il traffico di esseri umani e il contrabbando di droghe e armi, quando giustificano i procedimenti, intentati presso tribunali militari, a carico di migranti accusati di presenza illegale in Sinai, così come per spiegare le innumerevoli morti per armi da fuoco per mano delle guardie di frontiera egizie. A maggio, l'Egitto ha adottato una nuova legge contro il traffico umano e ha emesso un regolamento d'attuazione il 6 dicembre, che Human Rights Watch non ha ancora esaminato. In Egitto, il codice penale, la legge sull'infanzia del 2008, e la legge sul trapianto di organi, criminalizzano il traffico di esseri umani.
"L'Egitto ha ormai le leggi, ma deve fare passi immediati ed efficaci per combattere il traffico sul Sinai" ha detto Stork. "Finchè non lo farà, il destino terribile di alcuni richiedenti asilo e migranti della regione diverrà solamente più disperato".