Le organizzazioni civili impegnate a salvare le vite dei migranti e dei richiedenti asilo nel Mediterraneo si ritrovano sempre più spesso davanti a un dilemma: rispettare misure restrittive e arbitrarie che spesso hanno conseguenze fatali, o rischiare la detenzione e un eventuale processo. Entrambe le alternative ostacolano le loro missioni di soccorso, mettendo a rischio le vite delle persone in mare.
Oltre alle politiche già in atto per intralciare il lavoro delle navi gestite dalle ONG, le autorità italiane hanno deciso di prendere di mira i piccoli velivoli utilizzati da organizzazioni di soccorso come Sea-Watch e Pilotes Volontaires. Il 21 maggio, la Sea-Watch ha ricevuto una multa di 2.064 euro: è la prima conseguenza dell’avvertimento lanciato questo mese dall’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC), secondo cui l’uso della sorveglianza aerea al di fuori del quadro normativo vigente comporterà sanzioni, tra cui il fermo amministrativo dell’aereomobile.
I gruppi di soccorso sorvolano il Mediterraneo centrale per individuare le imbarcazioni in pericolo e allertare sia le autorità sia le navi di soccorso nelle vicinanze, nella speranza di evitare naufragi e annegamenti. Questo tipo di sorveglianza aerea è di fondamentale importanza anche per documentare le violazioni dei diritti umani in quel tratto di mare, come le intercettazioni da parte della Guardia costiera libica e i respingimenti verso la Libia con il rischio di abusi, nonché le attività di Frontex, l’agenzia di frontiera dell’Unione europea.
Per adesso le operazioni di avvistamento proseguono senza variazioni, ma lo zelo del governo italiano nel trattenere le navi di soccorso farebbe presagire analoghe sfide per questi velivoli nel prossimo futuro.
Dall’inizio del 2023, le autorità italiane hanno sottoposto più volte le navi umanitarie a fermo amministrativo con motivazioni inconsistenti. I tribunali di Crotone, Ragusa e Catania hanno poi dichiarato illegittimi alcuni di questi fermi, ma quest’accanimento da parte dello stato ha conseguenze a lungo termine sul piano finanziario e della reputazione per i gruppi di soccorso, e ne limita la capacità di intervento.
Un’altra tattica comune per ostacolare le loro missioni consiste nell’assegnare alle navi porti distanti per l’attracco fra un salvataggio e l’altro, costringendole a lunghe traversate che le tengono lontane dall’area in cui sono più necessarie. Se una nave risponde a una richiesta d’aiuto mentre è in viaggio verso il porto assegnato, l’organizzazione può incorrere in multe fino a 50.000 euro o al sequestro dell’imbarcazione.
Negli ultimi dieci anni, sono state più di 23.000 le persone morte o disperse nel Mediterraneo centrale. Le autorità italiane sono consapevoli che qualsiasi riduzione delle già limitate risorse per i salvataggi costerà vite umane. E senza sorveglianza aerea, ci saranno meno occhi a vigilare sulla situazione. Invece di continuare a ostacolare queste operazioni vitali, l’Italia dovrebbe riconoscere e sostenere gli sforzi umanitari in mare.